09 aprile 2016

As Above, So Below



" 'Come in alto, così in basso.' Si dice che questa frase sia la chiave di tutta la magia.
Significa che ciò che è dentro di me è al di fuori di me.
Come in cielo, così in Terra.
Come sono io, così sono le mie cellule, così sono i miei atomi, così è Dio.
In pratica, il mondo è come credo che sia."


C'è stato un periodo, qualche anno fa, in cui era di moda il mockumentary... quasi come se un buon film dell'orrore dovesse esserlo per forza per fare paura, e ce ne sono stati tanti che hanno sfruttato questo format, riuscendo e non riuscendo. Ci sono casi in cui è stato usato come pretesto, altri invece in cui tutto il film è stato costruito intorno a questo. Personalmente dico che a me fanno parecchio paura, perchè mi coinvolgono molto però altri lo trovano ridicolo e divertente... dipende dai gusti. Tra film di questo genere che però porto nel cuore ce ne sono veramente una manciata e così a memoria potrei citare Lake Mungo (forse il più riuscito), The Tunnel (rimanendo in terra australiana) e Creep (film indipendente veramente bello, in cui recita il mio idolo Mark Duplass yeehh). Questi forse sono quelli meno conosciuti, però ci sono anche quelli ben noti a tutti che a me non sono dispiaciuti affatto, tralasciando va beh poi le varie serializzazioni che hanno portato vari titoli a cadere (REC, Paranormal Activity, ecc). Comunque sta di fatto che è un genere che mi piace molto, quindi...

Questo As Above, So Below è un filmettino che racchiude dentro di se tutta la bellezza del genere. Bassissimo budget, veramente con pochi fronzoli, dritto al punto. Le pretese però sono altissime, perchè si vuole portare in scena l'inferno, o meglio, la rappresentazione di esso secondo la concezione geografica dantesca. Questa troupe di archeologi è alla ricerca della pietra filosofale, che secondo antichi scritti, si trova nelle profondità delle catacombe parigine. Solo che più si addentrano in queste catacombe più si rendono conto che la strada per uscirne sarà ben più insidiosa, superano il punto di non ritorno appena varcano una porta con scritto "Lasciate ogni speranza, o voi che entrate" (la scritta sopra la porta dell'inferno). Ogni personaggio deve affrontare i propri incubi, gli scheletri nell'armadio e i fantasmi del passato; non tutti ci riusciranno?! Solo vedendolo vi accorgerete di quanto sia stata ben interpretata la concezione di inferno, secondo il mio parere, sono rimasto sbalordito io stesso nel trovare così tanta roba in un film così marginale e quasi anonimo. Sono venuto a conoscenza di questo titolo solo perchè c'è stato un periodo l'anno scorso in cui mi ero messo di spirito a vedere ogni sera un film horror di recente uscita, ne ho visti parecchi e di molti mi sarebbe piaciuto parlarne, e magari lo farò, di certo ho voluto cominciare con questo.
Come recita La Taupe, personaggio enigmatico ed emblematico del film, "The only way out is down": l'unica via per uscirne è scendere. Ogni personaggio, per uscire dal "proprio inferno" deve affrontare le paure più recondite che porta dentro... e solo con una approfondita analisi della propria coscienza si può venire fuori dall'unico inferno che questa Terra ci ha dato conoscere, l'inferno che ci siamo creati noi stessi dentro di noi.
Cinematograficamente parlando mi piacerebbe vedere una trasposizione dell'inferno Dantesco, da sempre, e questo film, con i suoi modesti mezzi ed estrapolando ogni metafora o riferimento politico dell'opera del noto poeta-scrittore (che si potete dire che sia quella l'unica sensatezza di quell'opera e non vi do torto però il fascino di quelle raffigurazioni possono benissimo esistere anche da se, imho), non mi ha deluso perchè molto più psicologico di quello che si potrebbe pensare.


7 s:7.5 r:6 c:6
s= sceneggiatura; r= regia; c= cast;
titolo italiano Necropolis - La città dei morti
ultimamente mi viene da scrivere prorpio a posto di proprio, non badateci. Credo di averli corretti tutti.

03 aprile 2016

Blue Dragon


Se si potesse fare una similitudine tra il mondo manga e quello videoludico direi che questo Blue Dragon è molto shonen, come target. Ci sono manga shonen che mi piace leggere nonostante l'età che non ho più e questo videogioco non è da meno, mi sono divertito a giocarlo.

I personaggi sono caratterizzati bene e stilisticamente perfetti, qui lo zampino di Akira Toriyama che ha curato il chara design, e sono tutti inseriti nella storia in modo propizio. E come dicevo riguardo al target, sono quasi tutti bambini, quindi si presume che il gioco sia indirizzato ad una certa fascia d'età... ma non per questo mi è sembrato di poco valore, anzi, c'è tanta roba meritevole. Al di là del comparto tecnico curato benissimo in più dettagli. La grafica ricorda tantissimo quella di Dragon Quest (faccio riferimento al capitolo VIII uscito per ps2, l'unico che io abbia giocato) e non solo per il fatto che entrambi siano disegnati dal sensei Toriyama, ma soprattutto per lo stile cartonesco o dragonballonesco (passatemi il neologismo).
La storia, scritta da Sakaguchi, coinvolge parecchio e questo mi ha spinto a concludere il gioco in relativamente breve tempo (rispetto ai miei standard degli ultimi tempi).
Le missioni secondarie non sono tantissime, mi pare di ricordare, se non altro non lo ricordo per queste sicuramente, e questo permette di non perdere il filo del racconto se non nei momenti dedicati al livellamento dei personaggi. Come gioco non è difficilissimo, gli unici nemici che mi hanno un poco messo in crisi sono stati i draghi leggendari (quest secondarie) che comunque possono essere evitati se si vuole seguire solo la storia e concludere il gioco.

Il brutto, ma veramente il brutto, è la totale assenza di armi in quanto le azioni offensive vengono svolte esclusivamente dai draghi evocati da ciascun personaggio (sorta di esper, se consentite il parallelismo con Final Fantasy). Certo ogni drago è customizzabile con determinate caratteristiche ma gli attacchi si limitano al corpo a corpo (cazzotti) o alle magie nere varie. Questa secondo me è la più grande mancanza del gioco perchè gli rpg, non dico tanto, ma trovano grande fascino proprio grazie alla possibilità di scegliere la spada, per fare un esempio di arma, fra numerosi modelli.... per dire, generalmente mi gasa anche soltanto trovare una determinata arma e poterla utilizzare e in Blue Dragon ho sentito questa mancanza di emozioni, i draghi come tecnica di attacco non sono stati una scelta molto emozionante dal mio punto di vista.

Fiore all'occhiello di questo titolo, e lo dico gasandomi un casino, è che può vantare di avere una canzone nella sua ost cantata da nientepopodimeno che Ian Gillan, sentito bene, lo storico cantante dei Deep Purple, dalla voce elettrizzante, da molti considerata "la migliore" voce rock di sempre.
Questa sua presenza la si deve a Nobuo Uematsu, si proprio lui (infatti è il noto compositore a curare le musiche del gioco), grande fan del cantate che fra parentesi è famosissimo in giappone (ricordiamo l'album live Made in Japan inciso dai Deep Purple, che consiglio vivamente - da riascoltare e riascoltare). Ebbene la traccia in questione, cantata da Ian, all'interno del gioco la si può ascoltare quando si affrontano i vari boss... giuro che ogni cavolo di volta che quelle note attaccavano, io partivo di headbanging, non curandomi affatto del boss di turno xD
Eternity la più bella boss fights di sempre \m/


Impressione pubblicata anche su Pick a Quest

27 marzo 2016

The wonderful legend of Toto


Una rivisitazione del grande classico Il mago di Oz. Ambientazione post-apocalittica. Personalmente adoro le rivisitazioni e questa è molto coinvolgente, poi il contesto post-apocalittico rende la storia pane per i miei denti. Shonen dei più classici, combattimenti super movimentati e molto coinvolgenti, disegnato molto bene. Disegni che ricordano Pītā Pan no Bōken, per il chara design più che altro, ma che si discostano in quanto molto originali. Storia conosciutissima ma non per questo noiosa o che passa in secondo piano, anzi il lettore (parlo per quello che ho provato io) rimane curioso, pagina dopo pagina, di vedere come vengano trasposte le varie figure presenti nel libro di L. Frank Baum, il leone senza coraggio, l’uomo di latta senza il cuore e lo spaventapasseri senza cervello. Ed è proprio lo spaventapasseri ad essere protagonista di questa avventura, Kakashi, che accompagna la piccola Dorothy verso Emerald, conosciutisi questi due in seguito ad un incontro del tutto casuale.

Subito dalle primissime pagine ci si trova difronte ad una storia dal ritmo ferrato, con subitissimo dei colpi di scena inaspettati. La particolarità della storia, che si discosta dal libro originale e ottima trovata dell’autore, risiede in quel elemento che è stato usato per rendere questo adattamento fruibile per diventare un manga shonen, il braccialetto dotato di potere che conferisce a Kakashi un’arma formidabile capace di contrastare il più temibile dei nemici, che loro denominano “Toto”, nome del manga appunto e nome del cagnolino della piccola Dorothy nel romanzo originale dello scrittore statunitense. Per dare logica a questa scelta l’autore delinea quest’arma con fattezze canine, ricollegando il tutto e dando un senso alla cosa. Sulla loro strada si frappone il temibile esercito di Nassa, desideroso di entrare in possesso di questo braccialetto magico per fini malefici. Ad aiutare il gruppo ci saranno vari personaggi tra cui il leone e l’uomo di latta, ma non illudetevi che sia così banale la questione perchè anche questi saranno a loro modo reinventati in maniera eccezionale e molto divertente. Unica pecca rimane il finale, troncato quando ancora manca tanto all’arrivo a Esmerald e che lascia in sospeso con una necessaria seconda serie che qui in Italia purtroppo non è facilmente trovabile. Rimane da sperare di poter leggere i capitoli successivi, perchè la storia merita davvero, seppur con le dovute proporzioni rispetto a grandi titoli di genere.

7.5

AniList review

17 marzo 2016

Leviathan

Abbandonata l'esperienza Twitter torno su questa piattaforma in parole povere perchè mi è venuta voglia di scrivere qualcosa di un po' più elaborato che i semplici 140 caratteri imposti dal social mi impedivano di fare, ma poi anche perchè mi ero scocciato di esprimere concetti concisamente, che in tutta franchezza ammazzavano la mia poca voglia di ragionare, ammazzavano quei pochi neuroni che mi entravao in circolo quando provavo a scrivere qualcosa (il lavoro non nominiamolo perchè quello di neuroni me ne brucia abbastanza). Non pensavo più, non ragionavo, invece tenere un blog richiede questo passaggio mentale in più che voglio in un certo senso riscoprire. Ricerca e sviluppo, here I come!

In questo periodo ho scoperto il piacere di legger i manga, che in tutta la mia vita non avevo mai letto. Ho tralasciato parecchie uscite cinematografiche e a dirla tutta non ho guardato tantissimi film in generale. Mi sono dedicato maggiormente alle serie tv, parecchie serie tv, e ne ho scoperte di veramente deliziose. Ma questo primo post del 2016 lo voglio aprire con un film, pur sempre rimangono la mia grande passione. Spero di essere maturato un pochino di più rispetto a quando ho lasciato, sia dal punto di vista della scrittura che di quello delle analisi.


Parliamo di questa storia. Nikolaj non accetta che il sindaco del suo paese voglia prendere possesso del suo terreno per costruirci chissà cosa. Chiama in suo aiuto un amico avvocato per muovere causa al tipo. Ma il sindaco detiene il potere e per quanto Nikolaj si sforzi di contrastarlo, non può veramente nulla. La sua solitudine di fronte a tutto ciò non gli lascia scampo e come se non bastasse gli fanno da contorno una relazione complicata con il figlio e con la seconda moglie che vede sfuggirgli di mano.

Questo film pone di fronte l'individuo da una parte e il potere che comanda dall'altra. Come il tema portante anche il titolo è un chiaro riferimento all'opera di Hobbes (filosofo studiato nel periodo scolastico e che quindi ricordavo a spanne), il Leviatano per l'appunto. Per comprendere questo film non serve sapere alcunché riguardo a questa opera perchè le cose mostrate si capiscono perfettamente per quello che vogliono rappresentare, anzi potrebbero queste immagini avere la funzione di introdurre lo studio del filosofo britannico. La colonna portante di questo film non si limita a questa contrapposizione individuo/stato, ma prende forma attorno alla figura del personaggio biblico di Giobbe, richiamato per l'appunto in un dialogo verso la fine del film, tra Nikolaj e il prete. Giobbe, distrutto dalla collera di Dio non rinnegò mai la sua fede ma anzi è proprio accettando il volere dell'Eterno che venne ripagato con una vita prosperosa. Questo passaggio biblico me lo sono dovuto leggere perchè non mastico bene l'argomento, soprattutto perchè mi manca totalmente un'istruzione religiosa avendo sempre chiesto l'esonero durante tutta la scuola dell'obbligo (escludendo forse solo le elementari). Un po' mi dispiace di non avere questo tipo di cultura perchè rimane sempre un qualcosa da conoscere, al di là del fatto che non si possano vedere certe cose dal punto di vista imposto dalla chiesa. Tramite Giobbe si tira in ballo la chiesa e ci si ricollega al lavoro di Thomas Hobbes citato prima, con lo stato e la chiesa. Secondo Hobbes il potere di queste due fazioni devono coincidere in una sola persona e il potere dello stato non dove categoricamente provenire da Dio. All'interno di questo film troviamo l'accostamento del protagonista Nikolaj con Giobbe e il personaggio del sindaco con quello del sovrano di Hobbes, anche se di fatto non detiene il potere spirituale che però rimane nelle mani di un suo amico quindi in pratica è come se lo fosse, almeno io lo interpreto così. Indicative le immagini finali in cui -SPOILER- viene mostrato questo sindaco in una chiesa costruita proprio dove prima sorgeva la casa del protagonista -FINE SPOILER-.

Il film tecnicamente è ineccepibile. Fotografia sublime, i paesaggi mostrati sono incantevoli. Le sequenze che mostrano i relitti delle imbarcazioni, le carcasse delle balene, rimangono un passaggio cinematografico che rimarrà nei miei ricordi. Forte la sensazione che scatena vedere queste immagini. Oltre ciò, encomiabile la scena in cui il giudice sciorina la sentenza davanti al protagonista. Una sequela di emendamenti, che sembrano parole al vento totalmente vuote e insignificanti (almeno per uno come me che di legge non capisce assolutamente un acca), che lasciano Nikilaj con uno sguardo vacuo, impotente difronte al Leviatano.

"Puoi tu prendere con l'amo il leviatano
o con funi legarne la lingua?
Ti porgerà forse molte suppliche?
Ti rivolgerà dolci parole?
Non v'è sulla terra uno a lui somigliante.
Egli è il re di tutte le bestie feroci."



8.5 s:8.5 r:9 c:7.5

s= sceneggiatura;
r= regia;
c= cast;